venerdì 8 marzo 2013

vorrei dirti che ti amo. vorrei dirti che a volte ho la sensazione di essere sola. destinata alla solitudine. ai libri. ai pensieri liberi. a domande senza risposta. ad una lunga agonia in attesa della morte. come se non potessi amare nessuno. come se fossi intollerante la razza umana. ma poi affondo la testa nel tuo collo e sento che tutto andrà bene. che merito la felicità. che arriverà, bisogna solo aspettare.. arriverà anche se vorrei ammazzarti per ogni errore commesso, per ogni obiettivo non raggiunto, per ogni cibo ingerito, per ogni briciola di volontà sparita, per tutte le volte che senti di essere inferiore, e non la migliore.
probabilmente non sarò mai la migliore, ecco perché non voglio amarti. ecco perché provo sempre a lasciarti. perché forse tu sei stato la scelta migliore, l'ultima cosa giusta. perché mi ami nonostante tutto.

lunedì 21 gennaio 2013

Pensavo di avercela quasi fatta, di essere a buon punto sulla strada della guarigione, ma poi ha iniziato a piovere, a dirotto. I tuoni sembravano bombe e i lampi flash di reporter in guerra, di quelli che fotografano e poi boom, dietro le trincee.
Pioveva, ed ho guardato incantata le gocce giocare sui vetri, come quando da piccola ne sceglievo una e fino alla fine speravo fosse la più veloce di tutte, la vincitrice, la più forte, quella che non molla -che resta lì vicino al vetro anche se tutto quel rumore e quell'acqua la spaventano da morire - la più leggera, in fondo. La più leggera. Per scivolare via. Sgattaiolare tra i vicoli stretti e bui delle città antiche, come topi che scappano da un gatto affamato. Come una persona così fragile da voler fuggire via, da ogni situazione.
Il punto è che quando vuoi vincere - e sai che c'è qualcuno che lo fa al posto tuo - non ti resta che l'amarezza del secondo posto, anche se lotti con tutta la forza che hai. Il punto è che quando vuoi vincere a tutti i costi e perdi è come se il gatto ti avesse preso, arrostito e condito, non solo divorato. È come se si fosse divertito a farti a pezzetti. A tagliuzzarti, ad infiammarti l'anima, a far bruciare le ferite.
Il punto è quando vuoi vincere a tutti i costi e non ci riesci, sei in trappola. E la tua gabbia sono i tuoi obiettivi. E possono cambiare - mille volte - ma non puoi sempre vincere. È la legge immutabile della vita. Ad ogni fase di prosperità segue un interciclo recessivo. Non puoi vincere.

Puoi allagare la distanza tra le sbarre, perdere per un solo punto - anche mezzo - ma sarai sempre lì. Davanti a quel vetro. Con paure che ti porti dietro dall'infanzia, l'amarezza per le sconfitte, e l'odio verso te stessa. 

mercoledì 19 dicembre 2012

Puoi aspettare in eterno che accada qualcosa.
Che qualcosa cambi.

Il punto è che quando hai conosciuto il mondo troppo presto, quando lo hai capito fino in fondo.. come puoi sperare ancora che qualcosa cambi?

Avevo dei buoni propositi. gli antidepressivi mi avevano dato buoni propositi. ma poi vivo, nel mondo reale.
e mi chiedo che cosa cavolo li abbiano inventati a fare.
Il problema non sono i pazzi, gli schizzati, gli ossessionati, i dipendenti daqualsiasivogliacosa, il problema sono i rapporti. i rapporti umani, che umani non sono.
L'uomo era una scimmia. la scimmia è un animale. e l'uomo è una bestia ancora peggiore.

Che li hanno inventati a fare se esiste un cazzo di Dio che non solo ti ha creato schizzata ma ti ha anche fatto incontrare le persone peggiori del mondo?

Quando ho avuto dei buoni propositi, me li hanno strappati via.
ho rimosso anche questo.
ho curato le ferite mettendoci su subito del disinfettante. ho cucito, richiuso. coperto come una benda.
come ho sempre fatto.
io sono debole. ma nessuno deve vederlo.

io non chiedo aiuto. io non voglio aiuto. non voglio sfruttare i miei problemi. io ho dei problemi e ho scelto io di conviverci. sono una parte di me. ed ogni giorno, ogni fottuto giorno ringrazio questo cazzo di Dio che non esiste per avermeli dati, questi problemi. per aver fatto sì che potessi crearmi delle ossessioni. per farmi svegliare la mattina con la sola voglia di osservarmi le gambe allo specchio, per farmi stare davanti alla dispensa 20 minuti con un foglio tra le mani a scegliere cosa mangiare per "un recupero del peso salutare".

Ringrazio Dio per questo. per avermi fatto cadere e rialzare tante volte, senza che nessuno se ne accorgesse.
Per avermi lasciata sola, nei momenti peggiori.
Per aver fatto sì che tutte le persone che per me contavano, se ne andassero via. withoutproblems.
Per avermi dato la possibilità di espiare il mio dolore in qualche modo.

Io sono fortunata. tanto.
Ho avuto la possibilità di smettere di pensare. per non diventare un serialkiller e ammazzare tutti quelli che mi capitano davanti.
Ho sofferto, in altro modo.
Ho rinunciato al cibo, come ho rinunciato ad amici, a persone care... al mondo.

Sono stata fortunata, tutto qui.
solo tanto fortunata.
non ho niente da perdere. niente da vincere.
non ho niente di quello che dovrei desiderare eppure sento che questa è la miglior cosa che mi sia successa nella mia cazzo di vita.

lunedì 3 dicembre 2012

Sono felice.






Eppure un odio mi divora da dentro.
prova ad esplodere. lo trattengo.



Sento che finirà male.
Questa ipocrisia mi ucciderà.
E loro dovranno sentirsi colpevoli.

sabato 24 novembre 2012

“Sopportavo meglio il mondo, tutto qui.”
Sopportavo il mondo.
Il mondo. Questo schifo di mondo.
Forse anche la pillola della felicità serve a questo.
A sopportare il mondo.
A svegliarsi la mattina e riuscire ad andare a scuola.
A non starmene completamente zitta, solo ad ascoltare i professori.
A non urlare contro mia madre per ogni cavolo di rumore. Per ogni cibo comprato, o cucinato.
A non arrabbiarmi con me stessa, al punto da prendermi a schiaffi da sola.
A non sentirmi inutile.. A non maledirmi per un pezzo di pane, per un biscotto in più.

“Come va?”
Bene. Meglio.
Certo, come no.
A volte sono un'abile bugiarda.
Qualcosa sono in grado di farlo, almeno.
Certo che va meglio.
Sopporto, fuori. Sorrido. Dialogo, quando posso.
Ma vorrei seppellirmi.
Vorrei morire, è questo il punto.
È una sopportazione, un sopravvivere, un tirare avanti.
È questo che dovrei dire quando lo psichiatra mi chiede “trovi dei benefici?”
Quali benefici dovrei trovare?
Dovrei essere contenta di medicine che spingono le mie labbra a mostrare i denti quando in realtà potrei affogare in un mare di lacrime?
Quali sono i benefici? Quali dovrebbero essere?
Cosa c'è di bello nel sopportare?
È una perenne insoddisfazione.
Non è cambiato nulla.
È solo un convincere gli altri che io stia meglio, che sia venuta fuori dalla depressione sfociata in un disturbo alimentare.
Ma è tutto una menzogna.
Resto insoddisfatta.
Infelice. Infelice dentro.
Insoddisfatta del mio corpo, delle mie capacità.
Dagli obiettivi che non raggiungo.
Dalle promesse non mantenute, a me.. Come agli altri.
Dei miei inutili sforzi.
Dalle continue parole convenzionali che mi vengono rivolte.
Dalla solita routine.
Della mia incapacità di trovare del tempo per me. Per leggere, per scattare foto, per guardare una stupida serie tv.
Studiostudiostudio.
Senza nemmeno ottenere dei risultati soddisfacenti. senza essere neanche unpo'meritevole.

Ero insoddisfatta. Ero infelice. E dovevo mostrarlo al mondo, alle persone che sempre pensato a me come una che in grado di cavarsela, sempre.
È così?
Mi sono isolata, quando ho capito di essere una ruota di scorta...
Hanno sempre provato pietà per me. Per quella ragazza silenziosa, sostituita dalla sua migliore amica per una nuova compagna ballerina, invece che appassionata di pallavolo; sostituita da sua cugina, con cui ha passato l'infanzia, perché sceglieva giochi troppo difficili, e non bambole.
Pietà.
Ecco cosa provavano le persone per me.
Ed io mi sono abituata a questo tipo di attenzioni.

Nella mia solitudine, nell'attesa di giorni migliori -perché non può piovere per sempre, mi ripetevo- sono maturata. Ho scoperto un mondo nuovo, , il mondo degli adulti. forse.
Ho capito troppo presto come va il mondo. Ho messo via le illusioni prima ancora che si impossessassero di me. Ho anestetizzano il cuore.
Ho messo un muro. Tra me e gli altri. Tra me e il mondo così com'è.
 Mi sono creata un mondo di ambizioni, di progetti. Troppo grandi. Non adatti ad una come me. Ad un singolo in una molteplicità.
Ero insoddisfatta anche del mio mondo.
Ho perso la speranza.
Ho vissuto all'ombra di libri, artisti sconosciuti, documentari, film....
Ho tappato la bocca. Mi sono fatta delle mie idee. Mi sono diversificata. Estraniata, sarebbe meglio dire.

Poi è passato.. È arrivato il momento del passaggio dalla pietà all'ammirazione.
Ma lo sanno tutti, l'ammirazione non può che sfociare nell'invidia.
“Ricevevi più complimenti prima o quando eri pelle ed ossa? Ed ora?”
Mai avuto un complimento. vero, sincero. neanche falso, forse.
A nulla sono servite la disponibilità, la pazienza.. Il provare a condividere.
Nessuno mi ha mai odiato, questo sì. Ma mai sono stata la migliore amica di qualcuno.
Ero una persona delle tante, una di quelle che si invitano per fare numero.
Sempre estranea, fuori posto.
D'impiccio.
Un gruppo di amici ed io.
Tagliata fuori dalla loro sfera personale. Dalla condivisione.
Una che ride alle battute, che non dice mai di no.. Che ti fa compagnia.
Non una che ti aiuta, da aiutare, da ascoltare. Nemmeno per un consiglio.
Fuori luogo.
Un peso.
Forse per questo ho scelto di mostrare il mio dolore, la mia anima in pezzi, la mia psiche distrutta, la mia autostima calpestata, dimagrendo.
Le ossa sono un dolore visibile.
Un modo per tornare ad impietosire gli altri. pietà. volevo pietà. come una volta.

Un richiamo disperato di attenzioni.
Qualcuno che si accorgesse di me.
Qualcuno che notasse la mia originalità, le mie idee.
Qualcuno che non pensasse a me come una disadattata, ma come un persona con un grande cuore.
Qualcuno che mi accettasse nella sua vita.. Che non fosse in grado di mettermi da parte senza problemi.
Qualcuno per cui non essere un peso. un carico da sopportare.

Io sopportavo il mondo.
Mi tappavo la bocca e non urlavo mai. "fai come vuoi, per me va bene, è uguale" questo ripetevo.
Mi sono vietata il cibo. Ho svuotato lo stomaco. Ho smesso di proteggermi con quel mantello di grasso.
Avevo la bocca libera, vuota. per urlare. per ascoltare l'eco profondo del mio dolore raggiungere lo stomaco.
Potevo urlare.
Urlare.
Mostrare il mio dolore.
pietà. sarebbe tornata.

ma ero cresciuta. ancora.
la pietà non mi piaceva, riconoscevo l'ipocrisia.
Mi ero sentita forte a sopportare la fame, la testa roteante, a uccidermi gli addominali.
Mi ero sentita forte. ero forte.
Non volevo sentirmi debole. loro non pensavano che fossi forte.
Non avevo mostrato nulla. non è servito a nulla.
E' sopraggiunta la paura. la paura. avevo paura del mondo. era diventato difficile anche sopportarlo.
troppo difficile. neanche la pietà rende le persone dolci. carine. ero comunque tagliata fuori, sola.
Sola con un fame insormontabile.
a lottare contro tutti.
Dai miei al nutrizionista, da mia sorella a vari strizzacervelli.
Non ero in grado per loro. NON ERO. non ero capace.
Allora ok, mangio.
torno a proteggermi da questo mondo sempre pronto a ferirti.
mi serve grasso, più cibo. non bastano 400 kcal.
mi servono biscotti, cioccolata. tutti mangiano queste cose. io devo essere come loro.
Come loro.
l'essere diversa mi ha portato all'insoddisfazione, all'infelicità.
Ero troppo intelligente, troppo curiosa, troppo magra.
ero sempre troppo. eppure mi sentivo sempre meno.

sono ritornati i vecchi kg, eppure il dolore è stato ancora più lacerante.
Ho combattuto contro me stessa, contro i vecchi jeans che mi stavano stretti, con le gambe grosse.
Ho combattuto contro ogni commento, contro ogni giudizio.
"Sei ingrassata, stai meglio, ti vedo in forma"
Ho combattuto contro ogni cazzo di cosa nel mondo.
e nessuno se ne è mai accorto.
gli altri stavano male, io no. io non facevo abbastanza, io non ero abbastanza.
Non lo sono mai stata. mai un complimento.

E non lo sarò mai.
questo dolore ha segnato la mia anima.
lacerata.
il dolore è così forte che non mi resta che dormire, e sperare di non svegliarmi. ogni giorno.
anche con la pillola della felicità. le lacrime cadono, ogni sera.. non appena si affievolisce il suo effetto.
La notte è un inferno. un inferno di attesa.
è una lotta per la vita.
contro questo dolore che mi uccide, ogni giorno, che mi porta via la speranza, la possibilità di costruirmi un futuro. il futuro che voglio.

domenica 14 ottobre 2012

"E' una cosa riservata agli studenti meritevoli. Ho pensato a Giuseppe e Francesca"
Io non sono abbastanza meritevole. Io non sono meritevole. Io non sono.

"Ti vedo meglio. Sei in forma"
Io sono in forma. Io sono ingrassata. Io sono forse normopeso. Io sono.



Le persone ti uccidono, e non se ne rendono conto.
Ti lasciano una vita senza senso, e non se ne rendono conto.

Pensano, lei è forte. E' stata stupida, voleva dimagrire, era uno scheletro, ma ha sconfitto questa malattia, questa stupida ossessione. Forse non è tanto stupida.
Ora ha un fidanzato, ora ride.
Io sono dipendente, io prendo solo degli psicofarmaci.

Io ho lottato. Ma non ho sconfitto proprio nulla.
Ho lottato per restarci incatenata, a questa ossessione.
Ho lottato per essere la migliore. per raggiungere la perfezione. per sentirmi all'altezza. per dimostrare le mie capacità. per dimostrare che io non sono come gli altri. io posso controllare il mio istinto. io posso scegliere. i posso vivere senza mangiare. senza amici. senza uscire. io posso nutrirmi di libri, e sapienza. di tè e aceto.
Ho lottato e non ce l'ho fatta.
Il 41,5 si è trasformato in un 46, poi in un 48 ed infine in un 50.
Pensavo di essere sopravvissuta, comunque.
Di aver dimostrato la mia presunta forza. la mia grandezza intellettuale.
Eppure non sono abbastanza meritevole. non sono ABBASTANZA.

Niente fisico modello, niente mente modello.
Niente.

Ho solo mandato a puttane i miei sforzi, la stima per me stessa, la mia salute mentale.
Ho messo la scuola prima di tutto. del mio aspetto.
Ho accettato di guardarmi con sdegno allo specchio per avere le forze per studiare 5 ore al giorno.
Ho accettato di ingrassare per non far preoccupare nessuno. Mia sorella, i miei, il mio fidanzato.
Ho accettato di non essere.
Di essere per gli altri.

Ma nessuno se ne accorge.
E non basta "la pillola della felicità" a cancellare tutto questo. a rendermi felice, dentro.
Posso ridere, posso chiacchierare.
Ma ogni giorno che passa un pezzo di me mi abbandona.
Abbandona la vita.

E gli ultimi brandelli rimasti non fanno altro che aspettare il giorno in cui la fine sarà vicina.
In cui sarò ABBASTANZA capace anche di questo.

Sarò io ad abbandonare gli altri.
Nessuno più potrà lasciarmi sola.
Nell'altro mondo probabilmente non c'è nessuno.

domenica 23 settembre 2012

Come potrei smettere?
Se fosse possibile, lo farei.
Se fosse facile, lo farei. probabilmente.
Tutti pensano che io sia forte, determinata.
Ma non è così. io mi sto nascondendo. io sto scappando.
Le ossa dovrebbero mostrare la sofferenza.
Mangiare dovrebbe riempire il vuoto della mia esistenza.
Il peso che scende dovrebbe farmi sentire migliore degli altri. valida.
Il peso che sale dovrebbe contribuire alla mia immagine perfetta. alla figlia che si fa aiutare. alla fidanzata che smette di far preoccupare il proprio ragazzo. alla studentessa in grado di studiare e concentrarsi e prendere buoni voti.
Le medicine dovrebbero salvarmi. aiutarmi, direi.
Il medico -i medici- dovrebbero trovare la causa.
Io dovrei limitare le conseguenze. i danni.

Ma se dovessi smettere cosa farei?
Come potrei attirare l'attenzione? Come potrei capire se le persone mi vogliono bene sul serio?
Come potrei giustificare il mio mancato studio? Quale sarebbe la scusa per aver dormito 15 ore?
Come potrei non sentirmi in colpa?
Ho la mia scusa.
Ogni volta che assecondo il piacere, e non il dovere.
Ogni volta che sbaglio. che dovrei sentirmi in colpa.
Ogni volta che deludo le aspettative.

Come posso abbandonare la ricerca della magrezza?
E tutto quello che ne deriva.
Il calore. le preoccupazioni. le domande. l'aiuto. i lascia stare.
Come posso?

E' tutto così difficile con questo grasso addosso. devo fare tutto da sola.
Sono abbastanza forte, no?
Sono stata in grado di riprendere a mangiare. Sono stata in grado di sconfiggere il mostro, la malattia.
Che ragazza forte ed intelligente, direbbe qualcuno.

Ho solo colmato un vuoto.
Quando mostrarlo non ha fatto altro che mostrarmi l'ipocrisia altrui. la strafottenza. l'indifferenza.
Ho colmato, soltanto.

Una fetta di torta ha colmato lo stomaco vuoto di ieri sera. Ha messo fine alle presunte allucinazioni.
Mi ha dato la forza, forse.

Oppure ha prosciugato tutte le mie certezze. ha vanificato gli sforzi di un'intera settimana.
Il kilo e mezzo in meno...